Burro di Bufala
Dei 73 milioni di tonnellate annuali di latte di bufala prodotti in tutto il mondo, 140 mila tonnellate provengono dall'Italia. Scopri le sue proprietà.
Dei 73 milioni di tonnellate annuali di latte di bufala prodotti in tutto il mondo, 140 mila tonnellate provengono dall'Italia: gli allevamenti bufalini italiani sono concentrati soprattutto nelle regioni meridionali, in particolar modo in Campania, dove il latte viene trasformato perlopiù in formaggi tipici come la mozzarella, la burrata e il caciocavallo di bufala.
Il latte di bufala è ricco di grassi (compresi tra i 6 e i 9,5 grammi ogni 100 ml di prodotto, contro i 3,7-3,9 del latte vaccino) e proteine (4,4-4,8 grammi ogni 100 ml di prodotto, contro i 3,2-3,4 del latte vaccino), che lo rendono particolarmente adatto alla trasformazione lattiero casearia. Contiene inoltre molto calcio (pari a 180 mg ogni 100 grammi) e fosforo (pari a 130 mg ogni 100 grammi), mentre il latte di mucca ne ha rispettivamente solo 120 e 93 mg [1]. Queste caratteristiche qualitative garantiscono delle rese quasi doppie rispetto a quelle che si ottengono dal latte vaccino: da un quintale di latte di bufala, infatti, si possono ottenere circa 25 kg di formaggio, mentre con quello vaccino solo 13-14 kg.
Tutti i prodotti ottenibili a partire dal latte di bufala si distinguono per un aroma e un sapore deciso e molto particolare, dovuto all'alta concentrazione di lattobacilli nella materia prima. Oltre a trovare un'ampia diffusione nella produzione di formaggi freschi e ricotte, essa viene utilizzata anche nella realizzazione del burro. I globuli di grasso del latte di bufala, infatti, hanno una dimensione più grande rispetto a quelli del latte di vacca (circa 2,04 µm per il primo tipo contro 1,86 µm per il secondo), il che rappresenta una qualità idonea per la burrificazione.
Il burro di bufala può essere ottenuto sia direttamente dalla lavorazione del latte di bufala che a partire dal siero ricavato dalla lavorazione di mozzarella e altri derivati del latte di bufala.
Nel primo caso, si produce prima di tutto una crema di latte dolce attraverso un processo di centrifuga che separa la materia grassa dal latte magro: in genere con la centrifugazione si ottiene una panna con un tenore di grasso che va dal 30 al 50%, ma si può aumentare la concentrazione fino al 90% centrifugando ulteriormente. Dopo una fase di pastorizzazione, che distrugge i microrganismi non benefici e rende inattivi gli enzimi responsabili dell'irrancidimento, la crema viene sottoposta a zangolatura a una temperatura inferiore ai 15° (alla quale i globuli di grasso diventano più fragili e si rompono con maggiore facilità): si tratta di una tecnica di sbattimento che mediante la rotazione della zangola provoca l'inversione di fase trasformando la crema in burro, dapprima a velocità moderata per favorire l'avvicinamento dei globuli e poi sempre più velocemente per romperne la membrana e provocare la fuoriuscita di grasso.
Nel secondo caso, il siero residuo della lavorazione della cagliata viene portato a una temperatura compresa tra i 75 e gli 85°: ciò fa sì che affiorino in superficie i fiocchi di latte, comunemente detti "prima ricotta", i quali vengono raccolti e depositati in un recipiente per circa mezz'ora. La pasta così ottenuta viene quindi trasferita in un telo di cotone e lasciata scolare fino al giorno dopo, dopodiché va lavorata all'interno di un recipiente di legno per separare il grasso dal resto del siero. A quel punto, si lascia rassodare il grasso affiorato con l'aggiunta di acqua a 10-15° e viene formato il burro che, dopo essere stato temprato in acqua fredda e privato della percentuale di acqua residua, viene lasciato maturare.
[1] Libro bianco sul latte e i prodotti lattiero caseari.