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Intervista a Luigi Scordamaglia

Il Mondo del Latte

4 DOMANDE A: LUIGI SCORDAMAGLIA

09-02-2015

Presidente di Federalimentare


Dallo scorso gennaio, Luigi Scordamaglia è il nuovo presidente di Federalimentare. Generazione ’65, dopo gli studi universitari – Scordamaglia ha studiato Veterinaria a Perugia – si è concentrato sul settore della carne.
Il suo percorso professionale è stato molto rapido e brillante e lo ha portato – nel 1995 – alla direzione generale di Assocarni, incarico lasciato nel 2006, quando è stato nominato amministratore delegato dell’Inalca, azienda del gruppo Cremonini.
Oltre all’attività in azienda e al ruolo in Federalimentare, è membro del Consiglio di Amministrazione dell’ICE e dell’Agea, nonché di numerosi Gruppi e Comitati nazionali ed europei.
Lo attende un lavoro complesso, che dovrà portare anche alla riorganizzazione della Federazione.

1. Presidente, prima di tutto complimenti per l’incarico. Il lavoro da fare è tanto. Quali saranno le sue priorità, parlando degli impegni nei primi 100 giorni di mandato?
Che la sfida sia impegnativa è fuor di dubbio. Ma è anche un’opportunità enorme, perché mai come ora ci
sono tutti i presupposti per dare centralità e visibilità all’industria alimentare italiana e, con essa, alla nostra Federazione. Non credo nei mandati dei 100 giorni, sono di solito pochi per vedere risultati importanti, ma sono abbastanza per capire la correttezza o meno dell’impostazione del lavoro avviato. Inoltre, sono quasi 100 i giorni che ci separano dall’avvio di Expo, per cui è indubbio che il lavoro di questa prima fase sarà  particolarmente importante. I principi e gli obiettivi che saranno alla base del mio mandato li ho già annunciati in occasione del mio insediamento: fare di Federalimentare una federazione snella, molto operativa, poco “liturgica”, capace di presidiare con autorevolezza le vere priorità del settore e con tempestività le tematiche urgenti, concentrandosi su tre esclusive attività, quali lobby, comunicazione e relazioni sindacali. Innovando il modo di fare rappresentanza, mantenendo lo spirito unitario tra tutte le associazioni aderenti con cui è stata approvata all’unanimità la squadra di presidenza che ho presentato e cercando sempre di sentire il polso delle nostre aziende che devono considerarci come il loro vero sindacato”. Dicendo e chiedendo poche cose essenziali e chiare. Questo è il metodo che intendo seguire facendo sì che Federalimentare sia l’interlocutore naturale ogni volta che si parla o si decide in tema di alimentare. E le prime conferme ci sono, se penso alla costituzione del tavolo informale ad alto livello presso la Presidenza del Consiglio (di cui è parte essenziale il vostro presidente Ambrosi). Lì sono stati assunti impegni importanti dal Governo: apertura di nuovi mercati, più risorse alla promozione del food and beverage italiano – mantenuto con il piano made in Italy – una riorganizzazione dei controlli e così via. Tutti argomenti che però ora bisognerà presidiare e declinare insieme per evitare che rimangano mere enunciazioni di principio.

2. L’alimentare è il secondo settore industriale del Paese. Una vera e propria locomotiva per l’economia italiana. Purtroppo non riceve - a nostro avviso – la meritata considerazione. L’attenzione è molto spostata sulla fase a monte, la produzione primaria, e su quella a valle, la distribuzione. Cosa si può fare per dare visibilità e centralità alle imprese di trasformazione e per far sentire di più la voce di chi quotidianamente produce il cibo che arriva sulle tavole di tutto il mondo?
Sappiamo bene che l’anello centrale della filiera è l’industria. Il cuore dell’innovazione del food and beverage italiano sta negli investimenti della trasformazione. Il motore è qui. Se il settore ha resistito meglio del manifatturiero nel suo complesso sul fronte della produzione, dell’export e dell’occupazione, lo si deve non solo alle sue strutturali capacità anticicliche, ma anche agli investimenti effettuati. Che hanno consentito di difendere competitività, margini di contribuzione e aggiornamento dell’offerta, assicurando un “fall out”  positivo a monte e a valle. Concetti semplici che però non siamo stati in grado di diffondere con sufficiente forza e visibilità. Questo è uno dei miei primi impegni: dare una nuova immagine della nostra industria più inerente alla realtà attraverso una costante presenza sui mezzi tradizionali e nuovi di comunicazione. Senza timore di andare a rappresentare la nostra posizione sempre e ovunque e non rinunciando mai al confronto e al dibattito.

3. La lunga crisi economica che ha colpito il nostro Paese ha messo a dura prova le imprese. Anche i consumi alimentari sono in calo. Quali sono a suo avviso le politiche che dovrebbero essere portate avanti dal Governo per rilanciare i consumi?
Le politiche di rilancio dei consumi interni sono una cosa complessa che implica scelte coraggiose. Banale da dire, ma la ricetta è unica: bisogna avere il coraggio di tagliare le spese improduttive, ridurre la pubblica amministrazione (soprattutto quella inefficiente) e abbassare le tasse. Non esiste altra via. Nello specifico contrasteremo con ogni mezzo l’aumento dell’Iva sui beni alimentari, così come l’assurdo meccanismo del reverse charge, applicato alla Gdo inventato da qualche fantasioso burocrate, su cui abbiamo già presentato ricorso a Bruxelles.
Sul fronte estero, chiederemo al Governo di aiutarci ad aumentare le esportazioni. Noi faremo la nostra parte, ma se le amministrazioni competenti continuano a dormire sull’eliminazione delle barriere non tariffarie, le maggiori risorse per la promozione rischiano di rimanere inutilizzate.

4. Expo sarà un momento importante non solo per il made in Italy, ma per il food di tutto il mondo. Abbiamo visto i padiglioni e i progetti di tanti Paesi e ci sembra che sarà un momento di riflessione importante. Quale può essere la risposta dell’industria alla richiesta di “nutrire il pianeta”?
Con Expo i riflettori del mondo saranno puntati su di noi. Questa manifestazione permetterà di raccontare al mondo e di promuovere i valori unici che stanno dietro il nostro modello agroalimentare: quindi tradizione, innovazione, tecnologia, sostenibilità. La risposta ideale al problema della food security che è oggi “la” priorità mondiale.
Siamo particolarmente orgogliosi del padiglione di Federalimentare “Cibus è Italia”, che ha avuto un’adesione di organizzazioni e aziende che è andata oltre ogni previsione. Si tratta dell’unico padiglione in cui verranno raccontate concretamente le filiere e le eccellenze dell’industria alimentare italiana. E, attraverso una sinergia con Ice, rappresenterà un importante punto di ingresso per migliaia di buyer e
centinaia di delegazioni che poi verranno trasferiti sul territorio e nelle nostre aziende per far vedere concretamente cosa la nostra filiera è in grado di offrire al mondo. Un’occasione unica e irripetibile, insomma, che come Federalimentare dovremo essere capaci di valorizzare al meglio.
 
 

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