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Il Mondo del Latte

L'EDITORIALE DE IL MONDO DEL LATTE

09-09-2015

Settembre 2015


Per 30 anni abbiamo convissuto con il regime europeo delle quote latte, che a noi non sono mai piaciute perché ci hanno impedito di crescere quanto avremmo potuto.

Poi, finalmente, è arrivato il 2015 e questo sistema comunitario è stato abolito.

Dopo 30 anni di contestazioni, critiche e ostruzionismo anche da chi ne ha beneficiato — perché è innegabile che le quote latte hanno consentito di tenere il prezzo del latte europeo più alto che altrove — la Ue ha deciso di andare verso il libero mercato e ha ritenuto che abrogarle sia una misura necessaria per sfruttare la crescita della domanda mondiale di latte.

La discussione e il confronto su come preparare un “atterraggio morbido” per il settore lattiero comunitario sono andate avanti per anni.

L’obiettivo era nobile: prepararsi, per presentarsi all’ora x nel modo migliore.

Alla fine l’ora x è arrivata. Inevitabile e, probabilmente, al momento sbagliato: ossia proprio quando la Russia ha applicato l’embargo alle merci comunitarie e la Cina ridotto la domanda di latte.

Ma ormai le macchine erano pronte, i motori caldi e le attese forti. Così si è partiti in quarta, e non solo in Italia (dove nei primi 4 mesi del 2015 abbiamo prodotto più del 2014, che già era stato un anno record), ma anche nel resto d’Europa.

In sintesi: tanta offerta di latte e poca domanda. Quindi, l’inevitabile calo dei prezzi.

E l’immediato allarme, con la conseguenza che le certezze sugli effetti balsamici del libero mercato crollano.

Sono bastati pochi mesi di prezzi bassi per rimettere in discussione la voglia di liberismo, sulla quale contavano in tanti, e per vedere di nuovo le manifestazioni degli allevatori in tutta Europa.

E così si è tornati al copione di sempre. È scesa in campo la politica e si convocano consigli straordinari dei ministri europei che hanno un solo obiettivo: sostenere i prezzi del latte.

Invece dovrebbero rendere l’agricoltura europea — o quella italiana — più competitive e anche spingere verso la necessaria e indispensabile ristrutturazione della filiera.

Adriano Hribal


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