MENU

Il Mondo del Latte

L'EDITORIALE DE IL MONDO DEL LATTE

14-04-2016

Aprile 2016


Pochi giorni fa, i ministri dell’Agricoltura europei si sono riuniti per parlare di mercati e per decidere cosa fare per contrastare la crisi che riguarda il nostro settore, una crisi che è sotto gli occhi di tutti, che colpisce tutti e che non accenna a risolversi.

Non posso esimermi di fare qualche riflessione.

Da mesi sentiamo ripetere che le colpe della crisi sono da cercare nell’embargo russo, nel calo della domanda cinese e dei consumi, nella fine delle quote latte. Un disco che abbiamo ascoltato diverse volte e ripetuto anche noi in varie occasioni.

In realtà, credo che quelle elencate non siano le colpe, ma solo le gocce che hanno fatto traboccare il vaso.

Cerco di spiegarmi meglio.

È indubbio che alcuni Paesi siano determinanti per la domanda mondiale, che i loro acquisti muovano volumi capaci d’incidere sugli equilibri internazionali.

Non sono certo, però, che le colpe della crisi possano essere a loro addebitate. E, a mio avviso, non sono addebitabili alla fine del regime delle quote.

Bisogna cercarle altrove: nella miopia con cui la filiera agricola si occupa e preoccupa di se stessa, continuando a ragionare con il copione del passato. E quando parlo di filiera, non mi riferisco ai singoli imprenditori, ma alle loro organizzazioni.

Basta guardare le proposte inviate – non solo dall’Italia – per il meeting del 14 marzo: maggiori risorse per l’ammasso, regole per “punire” chi produce più del dovuto e premiare chi invece rallenta le consegne o addirittura le cessa. L’Italia, poi, seguendo il solito tormentone, ha proposto di introdurre norme di etichettatura di origine sul latte e i prodotti lattiero-caseari (come possa un’etichetta cambiare la domanda mondiale e gli equilibri di mercato resta un mistero).

Pochissimi sembrano preoccuparsi di un tema-chiave: la capacità competitiva delle produzioni europee.

Lo diciamo da alcuni anni, nessuno ci ascolta, ma noi non smetteremo mai di ripeterlo!

Qualche anno fa, in occasione del Forum europeo sul latte di Brescia, il commissario Fischer Boel ricordò che le politiche europee sul latte si concentravano su quattro pilastri: sicurezza e qualità delle produzioni, attenzione all’ambiente e agli animali. Pilastri che avevano fatto diventare l’Europa il più importante produttore di latte del mondo.

Poi il mondo è cambiato e a noi piacerebbe che cambiassero anche le politiche che ci riguardano. Non crediamo che si debba rinnegare il passato: qualità, sicurezza, ambiente e benessere degli animali sono valori imprescindibili per le nostre aziende.

Però mi chiedo perché non proviamo a esplorare strade che portino più capacità competitiva alla filiera e meno costi a carico delle imprese. E perché nessuno abbia la voglia e l’umiltà di pensare a nuove politiche settoriali, che accompagnino l’agroalimentare europeo e italiano su nuovi binari.

È possibile che nessuno dubiti del fatto che gli strumenti del passato siano utili a risolvere i problemi di oggi e quelli di domani? Invece il dubbio è spesso la sola strada per trovare le soluzioni. “Dubitando ad veritatem pervenimus”, dicevano gli antichi.

Adriano Hribal
 


© RIPRODUZIONE RISERVATA