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Il Mondo del Latte

FIERI DI AVER CONTRIBUITO

09-04-2015

L'editoriale de Il Mondo del Latte di aprile


1945: l'Italia ha voglia e bisogno di voltare pagina, dimenticare i disastri e le sofferenze causate dalla guerra, e ripartire con fiducia per costruire un nuovo Paese. Anche nel settore lattiero-caseario c'è tanto da fare e l'impegno dei singoli imprenditori non basta. Occorre fare rete: per questo nasce Assolatte, che quest'anno si appresta a festeggiare i suoi primi 70 anni di attività.

Quindici anni dopo la fine della guerra, lo scenario è completamente diverso. E' tempo di "Dolce Vita": il boom economico traina il Paese, la sua economia, la sua società, al punto che entriamo nel novero delle principali economie mondiali. E' il "miracolo italiano", esploso negli anni Sessanta ma che è proseguito nei decenni successivi. Le nostre imprese hanno contribuito - e non poco - a far realizzare questo "miracolo": tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta l'industrializzazione del nostro comparto procede velocemente, sorgono nuove aziende e nascono grandi marchi, molti dei quali sono arrivati sino ai nostri giorni. E' l'industria lattiero-casearia a far arrivare latte, burro e formaggi nelle case di tutti gli italiani, a rifornire negozi e supermercati (i primi arrivano in Italia negli anni Sessanta), a far conoscere la mozzarella ai trentini e il Gorgonzola ai siciliani, ad assicurare la sicurezza, la qualità e la conservabilità del latte e dei suoi derivati grazie al miglioramento dei processi produttivi e alla messa a punto di nuove tecniche e di macchinari innovativi per la lavorazione del latte e la conservazione dei prodotti.

Anno dopo anno, gli industriali accrescono il loro ruolo di leader del mondo lattiero-caseario, costruiscono nuovi stabilimenti che danno lavoro a centinaia di migliaia di italiani e aumentano l'offerta di latte, burro, formaggi e latticini, offrendo anche prodotti nuovi e subito molto apprezzati. E intanto, grazie alla disponibilità di prodotti di qualità, gli industriali aprono nuovi mercati di sbocco per i formaggi italiani, iniziando a farli conoscere in tutto il mondo.

Non dimentichiamoci mai, e men che meno ora, di questo nostro pedigree: dobbiamo andare giustamente orgogliosi di aver contributo in modo così determinante alla "costruzione" dell'Italia contemporanea e alla diffusione e all'apprezzamento del food made in ltaly nel mondo. Ecco, vorremmo però che altri lo riconoscessero, che si smettesse di demonizzare l'industria alimentare, di rappresentarla solo in chiave di finanza o di marketing, di additarla come modello negativo contrapposto alla bontà dell'artigianato o dell'agricoltura, e di indicarla come responsabile dell'insensato spreco di cibo di cui siamo testimoni in tutto il mondo. Piuttosto è vero il contrario: nelle nostre imprese non va sprecata una sola goccia di latte: è semmai nelle economie di sussistenza che i raccolti e le derrate alimentari vanno persi perché mancano le strutture e i macchinari per stoccarli, conservarli, trasportarli e confezionarli in modo adeguato. Ed è sempre grazie allo sviluppo dell'industria alimentare, alle innovazioni introdotte nei nostri stabilimenti e lungo l'intera filiera lattiero-casearia, se la produzione di cibo ha retto il passo con l'aumento della popolazione mondiale. Negli anni Cinquanta eravamo in grado di sfamare solo 1,5 miliardi di persone; oggi assicuriamo cibo a sufficienza a 6 miliardi di persone.

Adriano Hribal

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