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Il Mondo del Latte

L’EDITORIALE DE IL MONDO DEL LATTE: SMETTIAMO DI FARE GLI STRUZZI

23-12-2014


Qualche settimana fa sono stato a Parigi per il Sial. Erano alcuni anni che mancavo all’appuntamento e sono rimasto impressionato dalla manifestazione. Giunto alla cinquantesima edizione, il salone francese è oggi un evento veramente globale, con 6.500 espositori che arrivano da più di 100 Paesi.

Entrando nei padiglioni si ha la sensazione di una grande rete multiculturale, che non trascura i prodotti della tradizione (è sempre bello vedere tanti marchi italiani), ma che si propone come momento d’incontro – non di scontro – tra oriente e occidente, tra Nord e Sud, tra nuovo e antico.

Una delle cose che mi ha colpito di più è stata l’area dedicata all’Asia.

Centinaia di piccole e medie aziende del lontano oriente che vedono nell’Europa un interessante mercato per i loro prodotti. Mentre in Italia insistiamo sui temi della tradizione e della tutela dei prodotti (aspetti fondamentali, che non devono però farci dimenticare che il mondo è bello perché è vario) l’Asia affila le armi e si appresta ad arrivare sul mercato mondiale e su quello europeo, dove mezzo miliardo di persone, mediamente ricche o comunque benestanti, è alla ricerca di prodotti esotici, innovativi, con un rapporto qualità-prezzo che non sempre riusciamo a garantire.

Mi ha colpito anche la varietà dei prodotti proposti.

In Italia Governo e Parlamento emanano regole restrittive e assurde che valgono solo per le imprese nazionali (è notizia di questi giorni l’aumento delle percentuali di succo di frutta nelle bevande di fantasia, che mette a rischio nuovi posti di lavoro); mentre nel resto del mondo ci si affida al mercato e alla tecnologia (spesso italiana, ma che in Italia non si può usare), per produrre cibi sempre più buoni a prezzi sempre più abbordabili.

Negli ultimi venti anni abbiamo visto chiudere migliaia di aziende agricole e centinaia di imprese di trasformazione. Abbiamo aumentato le importazioni di prodotti finiti e ridotto il consumo di quel che produciamo in casa. Abbiamo assistito alla delocalizzazione di alcune produzioni che sono migrate in Paesi nei quali c’è maggiore sensibilità per chi fa impresa.

E noi, invece di prendere il meglio di modelli di crescita diversi e di interrogarci sulle ragioni di questi fenomeni, abbiamo seguito la logica dello struzzo, per non vedere quel che ci succede intorno.

Eppure l’Italia è un ponte naturale tra il Nord e il Sud del mondo, siamo nel bel mezzo del Mediterraneo a un tiro di schioppo da aree in grande crescita come Medio Oriente e Africa: al Sial c’erano più di 300 espositori di 18 diversi stati africani.

Ma fino a quando per noi Africa vorrà dire solo vucumprà e immigrazione clandestina, fino a quando assoceremo questo grande potenziale mercato solo alle migliaia di disperati che arrivano sulle nostre spiagge, non capiremo che il nostro futuro è ben diverso dal passato – glorioso – che abbiamo alle spalle.

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