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Il Mondo del Latte

L'EDITORIALE DE IL MONDO DEL LATTE

23-05-2019

Maggio 2019


Una recentissima indagine condotta dalla Commissione europea sulla complessità delle procedure amministrative dei 28 Paesi dell’Unione europea ha confermato che l’Italia è uno dei peggiori posti in cui fare impresa: l’84% degli imprenditori intervistati ha dichiarato che la burocrazia è un grosso problema. Solo Grecia, Romania e Francia se la passano peggio di noi.

Non è una novità, purtroppo. Da decenni, infatti, gli imprenditori chiedono una sburocratizzazione della macchina amministrativa.

Vorrebbero lavorare in un Paese amico di chi investe, più attento alle esigenze di chi porta lavoro e ricchezza. Un Paese che non li costringa a perdere migliaia di ore/uomo all’anno per fare cose che si possono fare più semplicemente. O che – spesso – non servono proprio a nulla.

Passano gli anni, cambiano le maggioranze, mutano i governi, ma nulla cambia e le promesse di cambiamenti di rotta, di cui tutti si riempiono la bocca durante le campagne elettorali, restano parole.

Volete sapere l’ultima?

Il decreto legge emergenze agricole, voluto dal Governo per risolvere alcune situazioni critiche (si va dalla Xylella in Puglia, agli agrumi in Sicilia, fino alla crisi del latte ovino in Sardegna), che in questi giorni viene discusso dal Parlamento per la sua definitiva conversione in legge, impone a tutte le aziende lattiero-casearie che lavorano in Italia di dichiarare ogni mese, per singola unità produttiva: il latte acquistato, quello importato, i semilavorati che entrano negli stabilimenti, le quantità di ogni prodotto ottenuto, le vendite e le giacenze mensili.

Chiunque abbia una minima cultura d’impresa si rende conto dell’assurdità di questa richiesta, che comporterà nuovi costi per gli imprenditori italiani, che probabilmente si rifletteranno sui prezzi dei prodotti italiani a danno anche dei consumatori italiani.

Il perché di questo nuovo balzello sarebbe da ricercare nella domanda di maggior trasparenza. Così – a detta di chi legifera – le regole europee sulla tracciabilità che sono tra le più severe del mondo, il sistema dei controlli che sappiamo essere uno dei migliori in circolazione e le regole sull’etichettatura di origine volute un paio d’anni fa non sarebbero sufficienti a garantire i consumatori sulla qualità di quello che comprano.

Forse chi è al governo, ma anche in Parlamento, ritiene che il nostro settore sia popolato da mascalzoni da tenere sotto controllo. Oppure non è mai stato in un’azienda lattiero-casearia.

In entrambi i casi siamo di fronte all’ennesima norma capestro che costringerà gli imprenditori a sopportare nuovi costi... sperando che non li porti a spostare altrove le proprie lavorazioni.