MENU

Il Mondo del Latte

L'EDITORIALE DE IL MONDO DEL LATTE: IL MERCATO E LE PREVISIONI SMENTITE

12-11-2014


Trovo preoccupante la velocità con cui – da qualche anno – il mercato cambia rotta. Basta scorrere le quotazioni camerali delle ultime settimane per vedere solo segni negativi: spesso le riduzioni sono a due cifre.

Per la terza volta in dieci anni siamo passati da prezzi alle stelle a valori bassi, se non bassissimi, e viceversa.

Molti ricorderanno la fiammata del 2007, quando, in primavera, tutti gli analisti cominciarono a rilasciare dichiarazioni allarmate e allarmistiche sulla crescita della domanda mondiale, troppo elevata per l’offerta.
Si parlò di mercati emergenti, di Cina, India, della siccità in Nuova Zelanda che aveva ridotto la produzione, di un mercato che stava cambiando, di barriere al commercio mondiale che cadevano. Le quotazioni schizzarono verso l’alto, quelle del latte spot superarono i 40 centesimi al litro: un record per quei tempi. La tensione era alta e c’era il rischio di un’impennata dell’inflazione.

Allora scese in campo il Governo e nacque “mister prezzi”, con il delicatissimo compito di esercitare la moral suasion sulle imprese, evitando possibili speculazioni.

Pochi mesi dopo, all’inizio del 2008, arrivò il secondo cambio di rotta. La parola d’ordine diventò “eccedenza”.

Sembrava che latte, formaggi e burro non li volesse più nessuno. Eppure erano gli stessi prodotti che pochi mesi prima erano ricercatissimi. Prezzi e quotazioni calarono bruscamente.

Un anno di ribassi portò il latte spot su valori di gran lunga al di sotto dei 30 centesimi. Le quotazioni di Grana Padano e Parmigiano Reggiano scesero a livelli preoccupanti.

Dal 2010 l’inizio della ripresa, prima lenta, poi rapida. Nel giro di 18 mesi le quotazioni arrivarono di nuovo su livelli altissimi, con picchi impensabili nell’estate e nell’autunno precedenti Lo spot sfondò il tetto dei 50 centesimi. Il burro di centrifuga superò i 4,20 euro al chilo. In un anno e mezzo, Grana Padano e Parmigiano Reggiano recuperarono 2,5 euro. Di nuovo gli analisti parlarono di “fame di latte”, di domanda fortissima, di grandi prospettive per il futuro.

Anche questa volta le previsioni degli analisti sono state smentite dai fatti!

La scorsa primavera, infatti, si sono cominciati a vedere i primi segnali di sofferenza e si è capito che i prezzi erano destinati a scendere. E di molto. Ad agosto, quando i segnali di crisi c’erano già tutti, si è aggiunto l’embargo russo, che ha dato la spinta definitiva verso il vuoto a un mercato sull’orlo del baratro.
Di latte ora ce n’è di nuovo tanto (troppo?) e non si sa dove piazzarlo. La produzione europea è cresciuta – lo stesso possiamo dire di alcuni grandi formaggi italiani, come il Grana Padano – mentre la domanda è diventata debole. In un mercato tanto dinamico – per usare un eufemismo – è evidente che poco possano le misure di regolamentazione dell’offerta, varate da alcuni dei nostri grandi Consorzi, che rischiano di essere un pannicello caldo sulla fronte del malato e un costo aggiuntivo per le imprese.

Bisogna trovare nuovi strumenti che permettano di gestire meglio il latte disponibile in Italia, casomai con nuove forme di contratti o con assicurazioni stile Usa. E bisogna smettere di accaparrarsi il latte, pensando di fare come quando i mercati erano certamente più facili da capire.

© RIPRODUZIONE RISERVATA