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Il Mondo del Latte

4 DOMANDE A: UMBERTO AGRIMI

18-09-2014

Direttore del Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare dell'Istituto superiore di sanità


Laureato in medicina veterinaria, poco dopo aver concluso gli studi universitari, Umberto Agrimi è entrato nell’Istituto superiore di sanità, e qui – passo dopo passo – è giunto alla direzione del Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare.
Oggi è, senza ombra di dubbio, uno dei massimi esperti europei di sicurezza alimentare, con una forte specializzazione nelle encefalopatie spongiformi trasmissibili. Agrimi ha infatti seguito da vicino tutta la vicenda della “mucca pazza”, rivestendo il delicato ruolo di direttore del reparto dell’Istituto che segue queste patologie e diventando uno degli esperti di riferimento dell’Efsa sulle malattie da prioni degli animali.
Un curriculum di tutto rispetto, quindi, e un personaggio che è stato in prima linea in momenti delicati. Tutti ricordiamo, infatti, la grande enfasi mediatica che la “mucca pazza” ebbe in Italia e in Europa all’inizio del nuovo millennio.
Agrimi è anche direttore della Scuola di perfezionamento in medicina veterinaria preventiva, sanità pubblica e sicurezza alimentare e fa parte del comitato scientifico de L’Attendibile, la newsletter scientifica di Assolatte.

Dottor Agrimi, con la sicurezza alimentare non si può scendere a patti e il Dipartimento che lei dirige è una delle roccaforti italiane a garanzia dei consumatori. Dal suo osservatorio privilegiato, cosa ne pensa della sicurezza dei prodotti in commercio?
In campo alimentare, pochi Paesi al mondo pongono tanta attenzione come l’Italia nel coniugare sicurezza, qualità e gusto. Qui sono “ospite” di una delle più importanti associazioni dell’industria alimentare e io stesso faccio parte del sistema della sicurezza alimentare, ma la mia non è un’affermazione autoreferenziale.
La normativa europea nell’ambito della sicurezza alimentare si è tradotta, in Italia, nella costruzione di uno dei sistemi di profilassi, vigilanza e controllo più robusti e capillari del mondo. Penso ai medici veterinari specializzati che operano presso i dipartimenti di prevenzione di ciascuna Asl, alla rete dei laboratori degli Istituti zooprofilattici sperimentali, all’originale presenza – alle dipendenze funzionali del ministero della Salute – dei Nas, uno specifico nucleo specialistico dei Carabinieri.
Anche la collocazione presso l’Iss – il più importante istituto di sanità pubblica italiano – di un Dipartimento di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare riflette la forte volontà del nostro Paese di garantire salubrità alle produzioni alimentari e sicurezza al consumatore. Il mondo della produzione è anch’esso molto sensibile e attento a questi temi, grazie anche al lavoro di armonizzazione operato dalle associazioni di categoria.
Insomma, il sistema è ben strutturato. Certo, tutto è perfettibile e molto si potrebbe ancora fare. Ad esempio, il coordinamento tra la periferia e il livello nazionale non è sempre adeguato. Ce ne accorgiamo in occasione dei focolai di malattie a trasmissione alimentare che, proprio in virtù della globalizzazione dei mercati,
necessitano di una visione nazionale o sovranazionale e quindi di adeguati luoghi di “sintesi” degli elementi, anche tecnici, provenienti dalle singole realtà territoriali.
Un altro ambito rispetto al quale esistono importanti spazi di miglioramento è quello dell’utilizzo a fini valutativi dei dati provenienti dalle attività di controllo. Il sistema dei controlli ufficiali (ma anche  dell’autocontrollo) produce annualmente una mole immensa di dati analitici. È una fonte preziosa di informazioni che andrebbe meglio sfruttata e valorizzata sia ai fini della valutazione del rischio sia per la programmazione risk-oriented delle attività.

Da tempo le imprese lamentano la quantità di controlli ai quali devono sottostare e chiedono una razionalizzazione delle strutture destinate a verifi care la sicurezza dei prodotti. Come coniugare effi cacia ed effi cienza delle procedure di controllo?
Purtroppo in Italia le nuove leggi spesso si sommano alle precedenti, senza che vi sia la necessaria razionalizzazione. Nel settore alimentare esiste una forte frammentazione delle amministrazioni e delle autorità titolate a operare nell’ambito del controllo uffi ciale degli alimenti. I risultati del Piano nazionale integrato che, ai sensi del Regolamento n.882/2004, descrive il “sistema nazionale” del controllo uffi ciale degli alimenti, restituiscono l’immagine di un sistema altamente operativo ma anche molto complesso. Il riordino delle norme in materia di sicurezza alimentare, affi nché semplifi chino gli obblighi per gli operatori senza incidere negativamente sulla salute dei consumatori, è un obiettivo certamente auspicabile.

Cosa dovrebbe fare l’industria per comunicare meglio quel che fa per garantire non solo la qualità ma anche la sicurezza dei prodotti che mette in commercio?
Non saprei e non è compito mio dare consigli all’industria su come comportarsi nei confronti dei consumatori. D’altra parte la sicurezza di un alimento non è una qualità aggiunta, ma è un prerequisito perché un alimento possa defi nirsi tale. Non è perciò facile comunicarlo, specialmente attraverso gli strumenti del marketing pubblicitario. Penso comunque che l’autorevolezza, tradotta in questo caso come affi dabilità, competenza, esperienza, sia il canale migliore anche per rivolgersi a un’opinione pubblica certo emotiva e diffi dente, ma anche sempre più attenta e avida di informazioni utili, quando disponibili.

Cibo e alimentazione sono oggi argomenti di gran moda e troppa gente si è improvvisata esperta per ottenere visibilità. Noi crediamo – invece – che siano temi molto seri e che bisognerebbe lasciare parlare solo i veri esperti, come quelli dell’Iss che si occupano a tempo pieno anche dei rapporti tra nutrizione e salute. Non sarebbe auspicabile una collaborazione più stretta tra il mondo della produzione e quello della scienza per zittire santoni e ciarlatani e per smentire le mille leggende sul  cibo?
Esistono due ordini di problemi. Il primo è rappresentato dalla capacità e dall’effi cacia comunicativa. Non ci si improvvisa comunicatori. Anche chi ha un’innata propensione alla comunicazione ha bisogno di studiare e di imparare le regole e le astuzie del confronto con i media e il grande pubblico. Il secondo problema è la selezione di voci autorevoli, competenti e – aggiungo – anche libere, sebbene questa qualità sia parte dell’autorevolezza. È vero, nel nostro Paese l’attenzione nei confronti del cibo è cresciuta in maniera sorprendente tanto da diventare ormai una vera e propria moda. Purtroppo,  a qualità dell’offerta, specialmente per i più giovani, è molto scadente e, nel caso di alcuni programmi televisivi, addirittura deviante. Anche per questo, il nostro Dipartimento sta lavorando a un progetto di educazione nelle scuole (www.maestranatura.org) che utilizza l’alimento come occasione di studio delle scienze e di indirizzo verso corretti stili alimentari. Sul tema della formazione e della comunicazione, come su molti altri ambiti, l’Iss è aperto a collaborare con chiunque sia in grado di contribuire con competenza e autorevolezza alla promozione e alla tutela della salute pubblica.
Anche la collaborazione con il mondo produttivo sarebbe  oltremodo auspicabile, ovviamente nel rispetto delle reciproche prerogative e nella piena trasparenza delle regole.

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